«Hai presente la carta “Imprevisti” del Monopoli? Ecco, noi la peschiamo in continuazione, è una componente del nostro lavoro quotidiano. Il nostro paziente è l’ospedale: va accudito dalla A alla Z sapendo che curarlo bene fa star meglio tutti, pazienti e personale»

Michele Quinto e Pino Oliveri

Il loro paziente è l’ospedale e i loro strumenti di cura li custodiscono dentro le tante tasche dei loro ampi giubbotti blu. Che sia un banale acciacco curabile cambiando una lampadina o che si tratti di un serio malanno richiedente un intervento lungo e multidisciplinare, al capezzale di Humanitas Gradenigo troviamo sempre loro: la squadra dei manutentori dell’Ufficio tecnico dell’ospedale.

«È vero, l’ospedale è il nostro paziente. Va accudito dalla A alla Z sapendo che curarlo bene fa star meglio tutti, pazienti e personale». Parola di Pino Oliveri, coordinatore dei nove uomini che hanno in carico la manutenzione di Humanitas Gradenigo e delle altre strutture torinesi di Humanitas. Oliveri è qui da quasi vent’anni: «Ho visto l’ospedale cambiare e crescere – aggiunge – e altrettanto ha fatto la figura del manutentore, una volta generico e oggi specializzato». Idraulico, elettricista e meccanico, ciascun componente della squadra ha una competenza specifica, messa al servizio degli altri: «Per l’ospedale è un patrimonio, utile a risolvere i problemi interni e ad assistere nel modo migliore le ditte esterne che svolgono determinati lavori. Conoscere in modo appropriato ogni singolo impianto ci permette di venire rapidamente a capo dei guasti e di risparmiare in termini di efficienza e di costi».

Ma, come ogni cura che si rispetti, anche in questo caso la componente umana gioca un ruolo determinante. «All’interno dell’ospedale ci muoviamo quasi sempre in coppia, garantiamo una reperibilità che copre le 24 ore e lavoriamo insieme da molti anni. Tutto questo ci rende molto uniti e fa sì che ci si aiuti l’uno con l’altro, anche dal telefono quando siamo già a casa. È questa la nostra forza», dichiara Michele Quinto, da diciotto anni al servizio del Gradenigo. «Fare l’idraulico in un ospedale non è come farlo in un cantiere – osserva -. Qui lavori anche per le persone che ci sono dentro e impari a farlo in collaborazione con le figure sanitarie di riferimento, coordinatori infermieristici su tutti, assieme ai quali si cercano le giornate e gli orari migliori per eseguire un lavoro riducendo al minimo il disagio per i pazienti».

Una cura continua che copre l’intero perimetro dell’ospedale. «Eppure il nostro lavoro non si vede molto, tanto che a volte ci sentiamo come fantasmi – sottolinea Oliveri -. Gli altri vedono solo un paio di persone che vanno avanti e indietro senza fare apparentemente nulla. Ma un attimo prima eravamo su un tetto e un attimo dopo saremo dentro una centrale dopo aver attraversato percorsi sconosciuti a tutti o quasi». Un movimento perpetuo che muta in base alle esigenze del momento: «Hai presente la carta “Imprevisti” del Monopoli? Ecco, noi la peschiamo in continuazione, è una componente del nostro lavoro quotidiano».

Che con il Covid-19 ha registrato un’impennata. L’ingegner Fabio Fresi, responsabile dell’Ufficio tecnico e manutenzione, ha creato il gruppo Whatsapp che ha permesso alla squadra di essere informata in tempo reale sull’emergenza in corso. «In un attimo siamo passati dalla routine al delirio – racconta Oliveri -. Dovevamo, ad esempio, sghiacciare costantemente con acqua calda, di giorno e di notte, il tubo dell’ossigeno per impedire che si gelasse e non arrivasse più ai pazienti ricoverati. Dovevamo essere pronti a rispondere in modo immediato a tutte le nuove necessità che si imponevano da un momento all’altro».

«Io mi sono ammalato di Covid-19 e sono stato ricoverato proprio in uno di quei reparti che tanto bene conoscevo per la mia esperienza di manutentore – aggiunge Quinto -. Una volta uscito ho raccontato ai miei colleghi cosa succedeva là dentro e questo ci ha dato ulteriore forza per organizzarci in modo ancora più attento e funzionale».

«Siamo entrati decine e decine di volte dentro i reparti Covid-19 per sistemare un interruttore, una serranda o un riduttore di pressione dell’ossigeno – concludono i due -. Vestiti come il personale sanitario e medico, anche se usare cacciavite e pinza bardati in quel modo era tutt’altro che semplice. C’è voluto un cambio di mentalità e, ancora una volta, avere con sé persone fidate che non mollano mai ha fatto la differenza. Di fronte a una situazione sconosciuta non ci siamo tirati indietro, anzi ci abbiamo messo ancora di più perché noi siamo fatti così».

MICHELE QUINTO e PINO OLIVERI, manutentori Ufficio tecnico