«Nel nostro lavoro, abbiamo la fortuna di relazionarci con le persone e costruire legami che vanno oltre il rapporto professionale: sono storie di cura che portiamo con noi, anche fuori dall’ospedale».
Per molti pazienti la storia di cura non finisce al momento della dimissione dall’ospedale. Anzi. È proprio in quel momento che comincia il difficile: il trasferimento a casa o in una residenza sanitaria assistita, il percorso fatto di moduli, certificati e scadenze. Sempre complicato, talvolta improbo in epoca Covid-19.
A sbrogliare la matassa, a gestire questo crocevia di possibilità provvede il Servizio di continuità assistenziale di Humanitas Gradenigo: le scrivanie e i computer di Martina Elia e Stefania Fabbri, infermiere dalla missione speciale, traboccano di fogli, nomi ed elenchi che si aggiornano di continuo, come i tabelloni dei treni in partenza. «I medici dell’ospedale ci segnalano in tempo reale i pazienti che possono essere dimessi e le loro situazioni familiari – spiegano le due infermiere -, noi contattiamo le famiglie e concordiamo assieme a loro come proseguire il percorso di cura».
È un compito che richiede esperienza e velocità di esecuzione, perché non è sempre facile trovare un posto al paziente in dimissione. Il rischio è quello di lasciarlo in coda ad attendere. «Ci aiutano la disponibilità e la sensibilità dei medici e il rapporto che il personale dei reparti instaura per telefono con i parenti dei ricoverati – continuano Martina e Stefania -. Ogni giorno la famiglia di ciascun paziente riceve la telefonata che la aggiorna sulle condizioni del congiunto. È un’azione che favorisce il rapporto di fiducia reciproca e facilita la nostra ricerca». Al resto pensano la professionalità e il grande cuore di chi ha avuto la fortuna di apprendere la materia da Marisa Toso, in pensione dalla primavera di un anno fa dopo aver fatto capire a tutti che ogni paziente va sempre curato nel migliore dei modi, anche dopo essere uscito dall’Ospedale.
MARTINA ELIA e STEFANIA FABBRI, infermiere, Servizio di continuità assistenziale