«Cogliere la parte umana di chi mi sta di fronte è la parte che mi piace di più del mio lavoro. Dedicarsi un po’ di più alla spiegazione e all’ascolto rende il paziente più partecipe e anche più disponibile a fidarsi e a curarsi. Il medico deve essere bravo a inserirsi tra le aspettative e i dubbi del paziente»
«Spiegare le cose ai pazienti è l’aspetto che più mi piace del mio lavoro». La dottoressa Ilaria Messuti lo dice con la voce e con il corpo: le mani in perenne movimento, gli occhi che si illuminano e la risata piena e sonora che puntella i passaggi più significativi del suo discorso.
Ha 34 anni la dottoressa Messuti: «Non ho mai avuto dubbi, avrei fatto il medico e, in particolare, l’endocrinologa. Di questa specialità mi ero innamorata durante gli anni dell’Università. Lì avevo pensato che non avrei voluto fare altro e, a distanza di tempo, non posso che confermarlo. Mi aveva colpito perché ampia, collegata a tutto e logica. Lavorandoci tutti i giorni, mi sono resa conto che è ancora più complessa e che, per quanto mi piace, non avrei potuto fare né il chirurgo né qualsiasi altra specialità». Un amore a prima vista e pienamente corrisposto: «Anche per merito delle persone che ho incontrato – sottolinea -. Ho cominciato a frequentare il Gradenigo nel 2010 con il professor Fabio Orlandi, eccellente in aula come in corsia e ho trovato persone che mi hanno fatto crescere senza mai farmi avvertire il peso di lavorare in un’équipe tanto qualificata e professionale». Un’équipe, oggi diretta dal professor Fabio Lanfranco, che sotto gli ampi cappelli di Endocrinologia, Metabolismo e Andrologia fornisce risposte a molte patologie e a infiniti sintomi.
«Tengo tantissimo al rapporto con il paziente e mi rendo conto che non sempre viene messo al centro – conferma la dottoressa Messuti -. Eppure il confronto è la metà del percorso di cura: dedicarsi un po’ di più alla spiegazione e all’ascolto rende il paziente più partecipe e anche più disponibile a fidarsi e a curarsi. Oggi quel rapporto non è così scontato perché il paziente non è più “suddito” del medico: si informa, magari non sempre bene, ma ha un’aspettativa forte. E allora il medico deve essere bravo a inserirsi senza perderne la fiducia. Questa è la parte che mi piace di più del mio lavoro: cogliere la parte umana di chi mi sta di fronte».
Un’attitudine che non si è fermata neanche al cospetto della prima ondata dell’emergenza Covid-19, quando la dottoressa Messuti ha avvertito la necessità di aiutare i colleghi in prima linea: venti giorni di guardia con turni in reparto prima di cedere al virus e rimanere a casa, positiva, per quaranta giorni. «Una telefonata con Federica (la dottoressa Ghione, specialista di Medicina interna) mi aveva fatto capire quanto fossero stanchi, spaventati e disperati. Dare la mia disponibilità mi era sembrato naturale». E proprio in Medicina interna, assieme alle altre colleghe di Endocrinologia, la dottoressa Messuti ha affrontato la terza ondata Covid-19: «Un’esperienza bellissima che ci ha insegnato molto, anche nel rapporto diretto con i pazienti».
Oggi è tornata al suo lavoro di ambulatorio: «Mi occupo prevalentemente di tiroide, ma mi interessa molto anche l’Endocrinologia ginecologica». E cita l’ovaio policistico: «Molto comune, ma poco noto e perciò curato da tutti e da nessuno, al punto che spesso le donne non sanno a chi rivolgersi. Andrebbe curato in team da endocrinologo, ginecologo e nutrizionista perché l’aspetto metabolico è di frequente risolutivo. Deve essere seguito da tutti e tre: affrontarlo senza una delle tre specialità è come sedersi su uno sgabello senza una gamba che, ovviamente, traballa». L’Endocrinologia ginecologica ha altresì favorito “Endocrinologica”, il profilo Instagram da quasi 20mila follower che la dottoressa Messuti ha aperto in piena era Covid-19 e che è diventato un prezioso e aggiornato punto di ascolto e informazione. «All’inizio gli amici mi prendevano in giro: chi vuoi che si interessi della tiroide? Invece sta funzionando molto bene».
Così come funziona un’altra tessera del mosaico di attività che l’endocrinologa di Humanitas Gradenigo porta avanti con tanta forza e naturalezza: la onlus “Le cose che non sai”, che sostiene l’associazione Alzheimer Piemonte. La onlus è nata per ricordare Vanni Messuti, papà di Ilaria, insegnante di educazione fisica e stopper del Borgo Uriola che negli anni ’80 dominava la leggendaria “Fossa dei Leoni” di via Piave, a Rivoli. Papà Vanni è mancato nell’aprile del 2019, quattro anni e mezzo dopo essergli stata diagnosticata la malattia di Alzheimer: «Io e mia sorella Alessia abbiamo voluto dare un senso a quanto successo e, per farlo, siamo partite dalla passione per il disegno che nostro padre aveva sviluppato durante la malattia. Abbiamo perciò preso le tele da lui realizzate nelle ore di Arteterapia e le abbiamo rese graficamente su oggetti messi in vendita: il ricavato va a sostegno di Alzheimer Piemonte, associazione rivolta alle famiglie di chi ha questa malattia. Siamo molto felici di averlo fatto e, ancor di più, delle reazioni di chi si è ritrovato nella nostra storia». Un’altra storia spiegata bene, con la voce, le mani, gli occhi e quella risata più forte di tutto.
Dottoressa ILARIA MESSUTI, endocrinologa