L”Ospedalino Gradenigo” aprì le sue porte il 29 gennaio 1900 per mano del professor Giuseppe Gradenigo, uno dei pionieri mondiali dell’Otorinolaringoiatria: «È stato il ‘Maestro’ nel vero senso della parola. Le sue parole sono state per gli alunni un invito alla ricerca della verità».

Giuseppe Gradenigo

La storia di questo ospedale è cominciata con lui. Con il professor Giuseppe Gradenigo, nato il 29 settembre del 1859 a Venezia, esponente di una potente famiglia nobile, capace di dare alla Repubblica di Venezia tre dogi e molte personalità eminenti nell’ambito della politica, delle armi, delle lettere e della gerarchia ecclesiastica. Il professor Gradenigo figura a pieno titolo tra i pionieri mondiali dell’Otorinolaringoiatria: ne ha fondato la società scientifica e l’ha valorizzata con circa 400 pubblicazioni e nove libri. Porta il suo nome una sindrome che complica l’infiammazione dell’orecchio medio e, per far capire il prestigio di cui godeva all’epoca, nel 1923 si era rivolto a lui per un consulto Giacomo Puccini, uno tra i più grandi compositori della storia della musica, affetto da un tumore alla gola.

La storia tra il professor Giuseppe Gradenigo e Torino cominciò nel 1889, quando cioè venne nominato docente ordinario all’Università di Torino, direttore della sezione di Otoiatria del Policlinico di Torino (che si trovava nella vecchia sede dell’ospedale San Giovanni) e direttore, dal 1894 al 1917, della Clinica speciale che metteva insieme le discipline specialistiche e che lui riformò nella sua organizzazione.
L”Ospedalino Gradenigo” aprì le sue porte il 29 gennaio 1900 in via Reggio 2, a poco più di un chilometro dalla sede attuale e con vista sulle acque della Dora Riparia. “Ambulatorio gratuito per i poveri, clinica a pagamento per gli infermi e scuola di specializzazione in Otorinolaringoiatria” recitava il biglietto da visita della struttura voluta, fondata e diretta dal professor Gradenigo. Il fatto che al Policlinico di Torino operassero le Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli fece sì che al Gradenigo venisse immediatamente legato il ruolo delle suore, calate a pieno titolo in una struttura nata nel segno di “scienza e carità”.

E fu proprio una suora, Clementina Campagnoni, a raccogliere l’indicazione del professor Gradenigo e a trovare una nuova sede per l’ospedale, da subito troppo piccolo per accogliere il gran numero di malati che vi si rivolsero. Suor Clementina individuò il villino costruito tra le vie Ignazio Porro e Bettino Ricasoli, già appartenuto prima a un principe russo (che le cronache d’epoca volevano espulso per spionaggio) e più avanti a un ingegnere torinese. E fu ancora lei a indirizzarne la destinazione: “Il villino per i pensionanti di prima categoria; il rustico per l’ambulatorio e la scuola otorinolaringoiatrica; il terreno fabbricabile per i poveri”.

Il “nuovo” Gradenigo aprì così in via Porro 2 (proprio dove oggi sorge l’ingresso del Pronto soccorso) nel gennaio del 1904 dando ulteriore linfa a quel legame col territorio che a oltre cent’anni di distanza lo rende ancora un punto di riferimento prezioso per la città di Torino. La Prima guerra mondiale militarizzò l’ospedale, pronto ad accogliere soldati feriti e infermi, mentre il secondo conflitto mondiale lo distrusse con il bombardamento aereo che il 13 luglio 1943 ne bloccò l’attività.
Tra le due guerre si posizionano, nel 1917, la partenza del professor Gradenigo con destinazione Napoli (dove venne nominato direttore della cattedra di Oiatria) e, dieci anni più tardi, la scomparsa dello stesso. «Voglio che il mio Ospedale venga conservato come di specialità otorinolaringoiatrica – fece scrivere nel suo testamento -, che porti il nome di Ospedale Gradenigo e che alla sua direzione rimangano le Figlie della Carità che con tanta bontà, amore e intelligenza lo reggono dal 1900 in poi».

Detto fatto. Nel 1948, toccò ancora a una suora, Vittorina Clerici, avviare la rinascita dell’ospedale: vennero ricostruiti ambulatori, laboratori e chiesa, mentre un’ampia e moderna sala operatoria andò a dare lustro al nuovo piano sopraelevato di via Porro. Un documento del 30 novembre 1952 descriveva il Gradenigo come una struttura «di 80 letti divisi in camerette da 1 – 2 – 3 al massimo sei letti, che cura ammalati di ORL, Oculistica e Chirurgia generale», dove «gli ammalati vengono volentieri a farsi curare perché con la carità solita a ogni Figlia della Carità trovano un ambiente familiare che fa loro dimenticare la pena della lontananza dalle loro case».

Da lì in avanti l’ospedale registrò tre ulteriori ampliamenti: tra il 1964 e il 1968, sotto la direzione di suor Claudia Monghisoni, venne costruito quello che ancora oggi è il corpo principale del Gradenigo. All’inizio degli anni Novanta la struttura fu quindi dotata di attrezzature e tecnologie tra le più moderne che, nell’immediata vigilia del Duemila, andarono a espandersi sull’area ex Atm concessa dal Comune di Torino: 17mila 500 metri quadri totali, oltre il 60 per cento in più della versione precedente.

Nel 2016, l’ospedale diventa parte integrante di Humanitas registrando importanti investimenti in servizi, ristrutturazioni e tecnologie che lo hanno portato a registrare un’ulteriore crescita. Il 29 gennaio 2020 Humanitas Gradenigo ha compiuto 120 anni e, pochi giorni più tardi, si è ritrovato in prima fila nell’emergenza Covid-19: il personale sanitario e medico dell’ospedale ha risposto ancora una volta con prontezza alla richiesta del territorio e, in sinergia con l’ASL cittadina, si è messa subito a disposizione di Torino curando centinaia di pazienti colpiti dal virus e destinando loro fino a cinque reparti e 120 posti letto, ben oltre il 60 per cento del totale. Dopo aver vaccinato tra gennaio e febbraio le circa 1300 persone delle tre strutture Humanitas di Torino, dal 18 marzo, in concomitanza con la prima Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, Humanitas Gradenigo è diventata anche sede di uno dei Centri vaccinali della città. Una storia di cura lunga 120 anni. Anzi, 120+1.

Professor GIUSEPPE GRADENIGO (1859 – 1926), otorinolaringoiatra e fondatore dell’ospedale omonimo