«Con il Covid è stato come se fosse scoppiata la guerra. In questa battaglia, ho indossato la mia armatura per garantire a ogni paziente il miglior percorso di cura all’interno dell’ospedale».

Bruna Giugno

 

Bruna Giugno entra in Gradenigo un giorno del 1994: varca la soglia del civico 8 di corso Regina Margherita, unico ingresso allora esistente, accolta da due suore vincenziane, all’epoca padrone di casa dell’ospedale. Infermiera professionale proveniente da una struttura sanitaria pubblica più ampia e frenetica, Bruna si ritrova a svolgere la sua mansione in un Gradenigo che è ancora una piccola realtà territoriale, commisurabile a un’azienda familiare. Inizia così la storia di cura di una donna che, oggi, è reputata la memoria storica delle mura in cui lavora da quel lontano 1994.

Quando Bruna ripensa agli anni trascorsi, la memoria va a tutti i cambiamenti che i suoi occhi hanno registrato. Un sorriso spunta sulle sue labbra: «Già all’inizio ero molto autonoma, non sempre riuscivo a rispettare i protocolli previsti dalle suore che mi avevano squadrata fin dal primo giorno». La sua figura professionale cresce e si fa ricca di cure: lavora prima in Chirurgia, poi in Pronto soccorso, proprio nel momento in cui si trasforma in un primo livello, aperto anche la notte; qui capisce che l’adrenalina dell’emergenza è il suo carburante. Diventa così coordinatrice infermieristica, a capo di una squadra salda di infermieri dedicati alla Medicina d’urgenza.

È il 2016 quando l’ospedale Gradenigo entra a far parte della famiglia Humanitas e la vita di Bruna cambia di nuovo, ma soprattutto cambia il suo modo di prendersi cura. Dopo vent’anni di carriera infermieristica e di assistenza al malato, Bruna entra a far parte della Gestione operativa, come responsabile della Programmazione ricoveri: uno di quei ruoli apparentemente invisibili, ma che tesse le fila di tutto il percorso di cura del paziente in ospedale, dall’ingresso sino alle dimissioni.

Un percorso che nel 2020 subisce una momentanea inversione di rotta per via del Covid: dopo anni, per Bruna torna il momento di indossare nuovamente il camice, lei reagisce come una donna che ha vissuto in Medicina d’urgenza: «La sensazione è stata quella di “È scoppiata la guerra e quindi tutti dobbiamo partecipare”. Perciò ho indossato la mia armatura e ho affrontato la precarietà dell’emergenza».

Un adattamento camaleontico quello di Bruna, che in ventisette anni ha visto un ospedale trasformarsi e vivere più volte fasi critiche, superate con successo grazie alla forte identità e all’attenzione per il paziente. Forse perché – come dice lei –: «L’essere cresciuta qui ha certamente ha fatto la differenza. Quello che ci rende forti è il nostro senso di famiglia e di appartenenza, che in un modo o nell’altro ci ha sempre reso quello che siamo».

 

BRUNA GIUGNO, Gestione Operativa